Addio agli interventi ‘open’ grazie alla collaborazione tra equipe di Cardiochirurgia e Radiologia interventistica. Eseguito su un paziente giovane già operato di sostituzione valvolare
TERAMO – All’ospedale Mazzini di Teramo è stata impiantata per la prima volta in Abruzzo, e tra le prime volte in Italia, una endoprotesi Castor Microport, per trattare una patologia dell’aorta in un paziente tra l’altro già operato per una sostituzione valvolare, senza il ricorso a incisioni della cute ma esclusivamente attraverso due punture di un’arteria.
L’intervento mini-invasivo è stato possibile grazie alla proficua collaborazione tra le equipe di Cardiochirurgia, Cardioanestesia, Radiologia interventistica e Radiologia e della Farmacia dell’ospedale teramano. Esso rappresenta un ulteriore passo avanti nel trattamento totalmente endovascolare delle malattie dell’aorta, con un ‘device‘ che permette di trattare in modo rapido e definitivo la patologia che coinvolge l’arco aortico e l’aorta toracica discendente, preservando l’integrità e la pervietà delle arterie che originano dall’aorta e irrorano le braccia o il cervello.
Il giovane paziente, già operato di sostituzione valvolare aortica con tecnica mini-invasiva) con problematiche coagulative e una dissezione dell’aorta toracica, è stato trattato attraverso due semplici punture mediante le quali i chirurghi e i radiologi hanno ‘navigato’ nelle arterie del paziente e rilasciato la protesi a livello del segmento patologico, sotto guida angiografica.
“I nostri specialisti collaborano ormai da anni in un’unica equipe multidisciplinare che permette di approcciare le malattie dell’aorta senza incisioni chirurgiche – spiega il direttore generale della Asl, Maurizio Di Giosia -. E’ questo un esempio di quanto la Asl di Teramo punti sull’innovazione dei processi e delle procedure per offrire una qualità delle prestazioni sempre migliore ai nostri pazienti”. In questo specifico paziente il trattamento è stato reso possibile grazie alla collaborazione con l’azienda produttrice della protesi che ha realizzato un device ‘custom-made‘, ovvero ‘fatto su misura’ dell’aorta del paziente.
“Il vantaggio è stato evitare un intervento molto impattante dal punto di vista biologico attraverso una procedura che ha permesso al paziente una dimissione in tempi brevissimi – spiega il primario di Cardiochirurgia, Filippo Santarelli -. L’alternativa sarebbe stata l’intervento più invasivo che esiste in cardiochirurgia, cioè la toracotomia o la sternotomia, Invece questo trattamento endovascolare, applicabile nelle malattie aneurismatiche dell’aorta, consente di contenere il rischio operatorio”.
“L’utilizzo di questa endoprotesi che viene inserita con accessi mininvasivi dalla femorale, aumenta il numero di pazienti che possono essere trattati evitando la chirurgia open – aggiunge Pietro Filauri, primario della Radiologia -. Vengono utilizzati device molto performanti: questo permette di conservare la pervietà della succlavia sinistra. La collaborazione fra cardiochirurghi e radiologi-interventisti rende possibili interventi minimamente invasivi che in passato erano eseguiti solo con la chirurgia tradizionale con problematiche post-chirurgiche molto rilevanti”.